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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
magistrato, Napoli (27-6-1888). [Inizio Voce]bella gli arrideva la vita, quando il suo cuore era aperto alle più lusinghiere speranze, fu assalito da un male crudele e pagava troppo prematuramente il suo tributo alla natura. Contava appena 42 anni e nel 22 corrente la sua esistenza si spense in Napoli. Fu con noi per circa due anni e godé sempre buona salute; due mesi or sono si recava in Giulianova per assolvere un dovere d'ufficio, e colà contrasse una febbre che per un mese fu ribelle ai rimedi dell'arte. Nel mese appresso si recava in Napoli per una cura migliore e pare che colà si emanasse la ferale sentenza. Ed io o signori, commosso per tanta sciagura, prendo la parola per disfogare come dentro mi detta il cuore, per indicare l'uomo che resta quaggiù il ricordo delle sue virtù come magistrato, come gentiluomo ed amico. Sì, Virginio Capucci come magistrato ci fornì su vasta scala le prove più luminose di laboriosità, di sveltezza, d'ingegno, d'intelligenza, di dottrina e di un sapere non comune nutrito a forti studi nelle diverse branche della scienza. Come gentiluomo il Capucci era controdistinto dalla squisitezza dei modi, dai costumi purissimi, dal suo carattere mite, franco e leale; e come amico il suo cuore era di un angelo. Perocché lascia fra noi di sé gran desiderio. Mi fermo adunque riverente avanti il limitare di quella tomba per mirare il cadavere di un uomo che scende sotterra, non per scendere nell'oblio, ma per salire ove hanno sede gli spiriti benedetti e per rimanere in mezzo a noi colla memoria delle sue virtù, perché non rimpiangendolo, cercassimo di imitare l'esempio che ci lascia. Mi fermo inoltre riverente per salutare in nome della magistratura l'esimio magistrato, il gentiluomo perfetto, l'amico. Mi fermo ancora riverente per salutare l'ultima volta il mio Superiore, colui che mi fu largo
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