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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
avvocato, professore, Napoli (16-11-1892). [Inizio Voce]afferra la cima, e appare lassù, bello, solo, ammirabile, sublime squassando superbamente la chioma, sventolando alternamente la sua bandiera. Ma il mondo non sa che quella mano la quale stringe il drappo glorioso è lacera, sanguinante, convulsa; il mondo non sa che quel raddrizzarsi delle membra indolenzite in atteggiamento di trionfo è la rigidità della sorte che l'invade. E il superbo pellegrino cade affranto, ma drappeggiato nella semplice magnificenza della sua bandiera. Cade e muore lassù dove pochi muoiono. Del tuo sacrificio generoso egli non sente che il supremo conforto dell'esser giusto, e basta. - Gloria! La commozione destata da questo discorso è stata immensa. Non v'era ciglio che non fosse bagnato delle lagrime. Il discorso pronunciato con parola calda, passionale mantenne sempre viva ed intensa l'attenzione del pubblico per oltre un'ora. Nell'epilogo non si sapea se più ammirare l'elevatezza del concetto, la profondità del sentimento, lo splendore delle immagini, il magistero della forma. Eran parole d'un cuore che medita, eran pensieri d'una mente che ama! Indi, a nome della gioventù studiosa, lo studente nella facoltà di giurisprudenza sig. Nicola Ghiotti dice di esser titubante nel parlare dell'estinto, dopo la nobile parola dell'oratore che l'ha preceduto, per non turbare la emozione di una così mirabile riviviscenza. Rifà la breve ed operosa vita del de Tullio; esprime la riconoscenza dei giovani che nello estinto veneravano il Maestro sapiente e virtuoso, l'amico sincero, la guida forte e sicura in cui non si sapea se più ammirare la potenza dell'intelletto o la bontà dell'animo. Descrive la figura del Professore fra i suoi alunni pieni ed ardenti di nobili entusiasmi, e si rivolge infine ai giovani perché imitino il povero estinto nello studio, nel
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