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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
avvocato, deputato, Teramo (21-12-1892). [Inizio Voce]non per ciò venne vilmente meno a sé stesso; ma con stoica fortezza, ripetendo forte il vixisse satius quam vivere, ruppe la sua persona, rifiutando romanamente la vita. Verso occidente da qui, a poco più di un chilometro, sorge sul Tordino un bel ponte, grande e alto. Sul parapetto di fronte, vi si legge di fuori, da questa parte, a grosse lettere in metallo, che fu costruito per "incremento dell'industria e del commercio", a spese della provincia; ma seppi ieri che chi con viva ed efficace insistenza si adoperò a farlo sorgere, e che anzi vi accudì invigilandovi, quando lo si costruiva, fu proprio lui, consigliere provinciale, e membro allora della deputazione. E bene, udite: falsità inesorabile che lega gli eventi! A cotesto suo ponte l'altra sera, a notte, eglli, calmo e fermo, andò. Per poco vi passeggiò, lentamente, all'aria gelida; e poi su l'ultimo di quegli archi, il più alto, posò, guardando forse, al fioco e freddo lume delle stelle, la città silenziosa, dirimpetto. Ma di lì spiccò, netto, al buio, un salto; e, col grido forse di Bruto, nel vuoto, si dissolse! O gentili Signori! Altri più particolarmente v'ha or ora parlato, ed altri vi parlerà di lui: non io, che qui invece, salutando, mestamente finisco. Addio, o raro uomo, per fortezza e serenità antico! Impaziente e sprezzante delle leggi della vita, hai voluto affrettare il misterioso tuo ritorno là di dove ogni cosa scoppia, e poi vi ricorre, e disfatta vi riposa: a cui ancor noi qui, e gli altri che non son qui con noi, e quelli che prima furono e dopo di noi verranno, tutti, affannosamente, viaggiamo incessantemente, via dagli affetti, ombre lievi, tenui! Addio per colui che, triste della tua perdita, ha commesso a me di salutarti! Addio per questa magistratura giudiziaria, che trattò te, per
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