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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
scienziato, Teramo (28-12-1892). [Inizio Voce]retto trova conforto anche in mezzo ai mali e in mezzo alle dure necessità del vivere sociale. Il buon Raffaele ce n'ha lasciato chiaro esempio. Per lui la vita era lavoro nella misura e capacità che da natura è dato: lavoro onesto ed intelligente che muove da un bene e va ad un altro bene. Sia nell'esercizio della sua professione, sia nel disimpegno di qualche ufficio l'abbiamo visto sempre eguale, sempre sollecito, sempre onesto. Così onorò sé, la città natale e la patria. Un uomo che per tanti anni così sa misurare le forze, se non ha la grandezza del genio, ha quella della costanza e della virtù non meno grande ed ammirevole della prima. Ammiriamola, o Signori, questa grandezza in Raffaele e diamogli il nostro addio, il supremo vale. Anima buona ed operosa, addio; la tua vita, la tua costanza rimane a noi esempio come quaggiù si possa essere grandi nella bontà e nel lungo esercizio delle proprie forze. Se quasi deserta è la tua bara, o venerando amico, gli è che la generazione tua passò, e la nostra non ti conosce. Tu appartieni alla storia che già prende nota della tua fatica e ne intesse la lode. Ora il nostro buon volere, il nostro affetto è anche pegno di molti che anche lontani si legano a noi nel sacro intento di onorarti. Addio, la sede preparata da Dio all'anime giuste santificate dal lavoro, ti attende. (G.P.)
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