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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
Teramo (18-7-1894). Sabato sedeva giurato alle Assise per la causa dell'assassinio Barbieri, ed all'alba di domenica, in Montorio al Vomano, non era che un cadavere. V'era salito per trattenersi un giorno col suo Gaetanino, che vi teneva in educazione presso i signori Persia, e la desolata moglie e le altre due figlie, che l'aspettavano ansiose a Castelli, non lo dovevano rivedere più. Che terribile sgomento è mai questo che si prova al fulmineo disparire d'una persona cara! Si resta come pietrificati, ci ribelliamo esterrefatti a creder vero il ferale annunzio, e perfino gl'indifferenti si mostrano compresi da stupore; ma col suo ghigno satanico n'è davanti la morte a mostrarci la vittima, e tutti ci si sente venir meno a la paurosa idea del nulla. Però l'aula sacra a la giustizia, dai giurati a la corte, da gli avvocati difensori e della parte civile al popolo, fu tutto un mormorio di rimpianto, lunedì, appena saputasi la triste novella; ed il dottor Tauri, anche lui giurato, disse visibilmente commosso sentite parole alla memoria del povero estinto, dopo di che il presidente con lodevole pensiero rimandò al dì venturo la continuazione del dibattimento. A quarantatrè anni, sano, vigoroso che sembrava dovesse viverne altrettanti, in men che si dice, è disceso in grembo a la nera terra, e le grida di dolore di Castelli mi pare intenderle di qua, ché con quasi tutte le famiglie benestanti del piccolo borgo era imparentato. Or chi consolerà la derelitta sposa? Chi i suoi tre teneri figli? O morte, o morte, che tremendo mistero se' tu mai! che spietata livellatrice de le miserie umane! Addio povero Lodovico; buon Lodovico, addio! Teramo 18-7-94. (prof. E. Cerulli)
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