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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
deputato, Teramo (29-12-1894). [Inizio Voce]d'una speranza adempita serrandoglisi intorno gli tendeva le braccia e gli gridava: "sii tu, concittadino magnanimo, Duce e Gloria nostra!". "Nel mio cuore non fermentano odii, io sono la Pace" - egli disse agli amici ed agli avversarii suoi d'un dì e nel commosso abbraccio fraterno d'un concittadino suo onorando, che pur disgiunto da lui dianzi per miserevoli esigenze di parte, era tuttavia rimasto costante e sincero estimatore del suo valore, egli buono e generoso sempre, suggellò la concordia cittadina. Né i fastigi dell'altissimo ufficio diedero mai al Forcella le vertigini; l'incontrastabile sua perizia nei pubblici negozi, la dignità della vita, la fermezza del carattere lo additarono bensì presto alla considerazione ed all'affetto dei maggiori nostri uomini politici; ma egli non si spogliò mai della sua naturale modestia, non fece mai altrui sentire quella tal quale superiorità che altri derivano dall'ufficio onde sono investiti, non si pose mai a distanza dagli amici e compagni suoi con quel ridevole sussiego, con quella goffaggine onde talora si avvolge la sterminata fatuità degli sciocchi. Per il Forcella l'agone politico fu null'altro che un campo più vasto offertogli dinanzi per svolgere le sue energie morali, per compiere il maggior bene pubblico del suo collegio; nulla mai chiese per sé, né dell'ufficio si prevalse per conseguire personali vantaggi. Senonché le sue tendenze pur inclinando a schietta e sincera democrazia mal si adagiavano all'adulazione insidiatrice delle incomposte passioni dei volghi, onde i più perseguono e conseguono il popolare favore; e quando egli guardò faccia a faccia l'orribile processo di dissoluzione che corrode l'ordinamento parlamentare del nostro Stato e vide le moltitudini diseducate dall'idea che l'elettorato è selezione dei
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