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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
Corropoli (18-1-1896). Corropoli, 10 gennaio 1896 - Papà... ansiosamente pronunciasti un'ultima volta, e alla mammà tua donasti tre baci ancora prima che il tuo spirto, componendoti a mistica dolcezza il vago visetto, nel candore degli angeli attorno a Dio depose il suo. Pur ti rimirai pieno di vita, bello e scherzevole, o Alberto Flajani, la sera di capodanno, quando da un cantuccio oscuro della stanza, all'improvviso ti slanciasti sulle ginocchia della nonna tua, che, sorridendo al tuo sorriso, teco si dilettò sullo scherzo. Giacesti dopo vari giorni tranquillo nella culla e, quando ancor pericoloso non era divenuto il fiero malore, il tuo cuoricino ne presagì l'immane catastrofe e ingenuamente l'annunciasti a chi ti colmava di sue cure. La neve candida infiorava oggi la bell'urna dalle azzurre pareti nascoste sotto un velo bianco, crudele nella sua eleganza, perché del primo figlio il soave sembiante rapiva all'adorazione d'una giovane famiglia. Speditamente parlavi, eri florido e robusto, amavi e pensavi quanto non si può umanamente amare e pensare a soli due anni e mezzo. E per questa tua straordinaria intelligenza, Alberto, trepidarono sempre i cuori che t'idolatravano. Precoce di sviluppo fisico e intellettuale, edificavi con la tua docilità; e nei germi di illibato sentire che spuntarono già nel tuo vergine cuore assai lusingasti i tuoi desolati genitori, i quali, in sì breve durata della tua infanzia, poterono vivere di tutto il tuo avvenire. L'aureola che ora ti cinge il biondo capo rifulge di quella gloria a cui in mille modi diversi aspira l'afflitta umanità; un raggio del suo splendore, insinuandosi nelle latebre di due cuori invasi da sì immenso cordoglio, vi riaccenda la fede e la speranza in giorni meno tristi, in cui, come stella polare
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