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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
(26-5-1897). Oh come presto scompaiono esistente preziose che non dovrebbero finir mai! quanto rimpianto, quanto vuoto, quanto lutto si lasciano dietro! Povera Amalia Cameli! Povera signora! è scomparsa quando una giovine e numerosa famiglia, aveva tanto bisogno della materna assistenza, del suo valido appoggio. E' morta quando era di diritto cogliere il premio delle sue lunghe fatiche, delle sue sante aspirazioni. Misteri divini!... e chi mai v'arriverà a comprendere? Sposa felice del noto e stimato industriale Pacifico Cameli fu modello di moglie - vedova, esempio d'ogni virtù, d'ogni più caro sentimento. Da lunghi anni coadiuvata dai giovani figli teneva alto il nome del compianto consorte, e nella sua famiglia trovava tutta vita. Povera madre! Dopo la tremenda sciagura del suo secondogenito Oreste, del suo Beniamino, più non si riebbe. Lavorava, perché altamente sentiva la missione della donna, di cui era il più perfetto esemplare, ma la sua esistenza ne fu scossa terribilmente e il suo volto aveva da due anni a questa parte l'impronta di quel dolore che rode, annienta la fibra più robusta. Mi figuro quale strazio indescrivibile sarà stata la sua agonia pensando di lasciare soli, soli quei figli che essa immensamente amava; mi figuro lo schianto di quell'addio estremo, ma Iddio pietoso le avrà fatto intravedere in una mistica visione i volti desiati del consorte, del figlio, che di lassù le sorridevano, l'aspettavano. Oh come altrimenti non temere che vacilli la fede più salda? Riposa nel signore, o buona e pia donna! tu lasci un nome carissimo e venerato e tale eredità d'affetti per cui la tua tomba immatura, avrà eterne lagrime, rimpianti e fiori, non solo dai desolati Orfani e congiunti, ma da quanti ebbero ad apprezzare l'elevatezza del tuo sentire,
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