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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
Montesilvano (17-7-1897). [Inizio Voce]poi il cruccio in lei perché al compagno suo non può inviare soccorso di sorta, perché le è impedito di raggiungerlo; maggiore il cruccio al pensiero che il compagno suo, non educato a lavori manuali, aveva dovuto adattarsi alla vita del carpentiere per tirare innanzi la vita; maggiore ancora quando il colpo di Stato del 2 dicembre 1852 costringe tutti gli emigrati politici italiani a fuggire dalla Francia. Il Delfico con passaporto non suo poté passare il confine e così evitare di essere arrestato. Riparò a Nizza ma la vita non fu neppure allora allietata dalla sua compagna. Questa, tenuta d'occhio dalla polizia borbonica, non poté muoversi di casa per parecchi anni; poscia nell'anno 1853, in cui il governo borbonico aveva smesso le vendette e rallentate le persecuzioni, forse per dire al mondo che esso non era la negazione di Dio, come l'aveva chiamato, bollandolo, Guglielmo Gladstone, poté ottenere il permesso di raggiungere il suo compagno. Lasciò la famiglia, ne lasciò gli agi e i comodi, lasciò la patria solo ricordevole del precetto del cittadino di Galilea "Lascerai il padre e la madre per seguire il tuo sposo". Quando schianto in tale dipartita! Non il bel cielo di Nizza, non il suo clima temperato nella cruda stagione, non le fresche aure nella calda, poteano farle dimenticare la patria e la famiglia lontana! Spesso essa volse il ciglio umido di pianto verso le piaghe lontane della sua Larino e verso Teramo, ove era vissuta giovinetta ed ove aveva nutrito il primo e l'unico amore, sospirando ed anelando il ritorno! Spesso sull'imbrunire fra gli agrumeti o i pomerii di Nizza, confortata dalla compagnia dell'amico suo, dové dire: La bella città che è Nizza! Ma ricordando il bel sole meridionale, l'orizzonte d'Abruzzo frastagliato di piani e di monti, ricordando
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