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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
Montesilvano (17-7-1897). [Inizio Voce]le fresche e serene mattinate in cui si scorge dal piazzale di S. Giorgio il nostro gigantesco Gran Sasso, tinto di opale e di oro, ricordando Teramo ove aveva udito e imparato i canti da fanciulla, dové aggiungere: ma Nizza non è Teramo! Le ricorrevano alla mente i versi del divino Alighieri che esprimevano il suo sentimento e il suo pensiero. Era già l'ora che volge al desio / A' naviganti e intenerisce il cuore, / Lo di c'han detto a' dolci amici addio; / E che io nuovo peregrin d'amore / Pung, sé ode squilla di lontano, / Che paia il giorno pianger che si muore. Ma il pensiero del dovere, l'affetto pel suo compagno facevan tacere il desio della patria lontana, perché la patria era per lei dove erasi recato colui che per la liberazione della patria lottava e soffriva. Simile in ciò alla donna russa che abbandona gli agi e gli splendori della capitale per seguire in Siberia l'esiliato marito, col quale procreava una famiglia di servi di fronte allo Czar, ma di apostoli di fronte alla patria. Venuti i tempi nuovi torna in Abruzzo e la sua vita è cittadina e di famiglia. Ovunque porta criterii elevati, netti, precisi; dice schiettamente il suo avviso, ma con forma delicata, tanto che i più renitenti si piegano; in famiglia è buona, dolce, delicata, ma all'occorrenza imperativa. E' donna di tempra romana con educazione moderna. In età provetta, memore di un concetto del Leopardi e cioé che l'uomo è inchinevole a chiamare migliori i tempi che furono, forse per alleviare i mali presenti, ricordava i costumi quasi patriarcali dei tempi suoi, e ridiventava giovane parlando della sua giovinezza, ma senza soggettivismo, che generalmente è proprio di nature fiacche in tempi decadenti. Ma in tali richiami colpiva nel segno, perché scorgeva nei tempi odierni pià codici e meno giustizia
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