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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
politico, Atri (3-8-1898). [Inizio Voce]quella di rimuovere d'intra gli animi anche l'apparenza dei dissidi. E vi riuscì mercé la forza del carattere, che si forma con la meditazione e con gli studi, quando non manca ad essi una felice natura. Ed egli si giovò degli uni e dell'altra. Pochi seppero più e meglio di lui, come nei sinistri inattesi, e nei tradimenti (che pur troppo non mancano nella vita) se l'osare a tempo opportuno è somma prudenza, il cedere a tempo debito è sommo ardire. Egli amava la sua terra natale, e cercò in tutti i modi di giovarla. Allo studio delle lettere classiche che non aveva mai intermesso, aggiunse mano mano quello delle leggi, di economia, di statistica e via via, per modo che mentre applicava l'animo a più e diverse cose, in ciascuna pareva tale come se si occupasse di quella sola. Non diremo poi nulla della sua grande operosità. Basti ricordare con quanto onore e quanta lode di solerzia singolare disimpegnò i più nobili uffici della Provincia e di Comune, che rimpiangono in lui uno dei Consiglieri più intelligenti e valorosi. Né minore è la lode che gli tocca come a privato cittadino. Fu leale, benevolo, affabile, mite a segno, che niuno quasi l'ebbe veduto mai uscire in parole acerbe, non che vituperasse, o poco rispondenti alla sua dignità ed al suo decoro. Nettissimo d'invidia, fu lodatore liberale del merito. Scevro dell'amore di ricchezze lo vedemmo largo nel sovvenire gli altrui bisogni. Volontà immobile nel giusto e nell'onesto. Modesto nella ridente fortuna quanto altri sarebbe stato superbo e facile ad insolentirne. Morendo in età di appena 58 anni, va innanzi per merito di pubblica e privata gratitudine a tutti, quanti lo procedettero nel nobile arringo di saggio benefico e operoso cittadino. La sua morte fu sentita come un disastro dalla città e da moltissimi pianta
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