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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
avvocato, Teramo (14-3-1907) [Inizio Voce]insieme. Ma l'avversa fortuna non volle che egli vedesse coronate le aspirazioni di lui, e lo colpì di suo male quando appunto erasi recato in Roma per prendere possesso dell'ambito ufficio. Ed ora ogni speranza è perduta, e per la desolata famiglia è venuto meno l'albero vigoroso, al quale si poggiava con fiducia. Così le vicende della vita colpiscono più duremente, ove meno dovrebbero incrudelire. Se il cordoglio degli amici può essere di un qualche conforto alla derelitta vedova, ed alla desolata famiglia, esse possono essere pur sicure di aver tutto il nostro compianto in tale luttuosa circostanza. Poiché, o Signori, io credo di essere interprete de' sentimenti di tutti i colleghi del foro teramano, nel porgere una parola di sincere e sentite condoglianze alla famiglia tutta del nostro carissimo collega ed in ispecie al giovane figlio che la scuola del dolore troppo presto ha reclamato per suo discepolo. Ed ora, o Francesco Recchia, riposa in pace, e dal mondo ove passasti guarda e benedice le bambine tue, che veri angioletti invocano il tuo nome, e spargono viole sulla tua salma. Addio. — I funerali solennissimi, furono celebrati nella Chiesa di Sant'Agostino. Al corteo funebre parteciparono: tutto il Foro, Magistrati, funzionari, il direttore della Banca d'Italia, il Sindaco della città, ed un lungo, mesto stuolo di amici. Ressero i cordoni del feretro gli avv. V. De Petris, L. De Petris, Z. Tanzii, il Sost. Proc. del Re Malavasi, il Presidente cav. Spinelli. Ai figli, alla moglie desolata vadano le più sincere ed affettuose condoglianze del Corriere. — La famiglia Recchia per nostro mezzo ringrazia quanti han preso parte al suo vivissimo dolore, e si scusa con quegli amici del caro Estinto ai quali non fosse stata, per caso, inviata la luttuosa partecipazione.
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