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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
avvocato, deputato, Teramo (1-1-1910) L'on. Carlo De Michetti è morto, e l'altro dì la triste novella si sparse rapidamente per la città, per il collegio, per la provincia intera, chè le cattive nuove assai più han veloci le ali che non le buone!... E così sono stati vani i caldi voti di guarigione fatti dagli amici; e vane pure le angosciose preghiere della famiglia deserta: tutto vano, anche le fiorite speranze dei medici, speranze che sembravano avessero una certa fondatezza in sicuri accenni di miglioria! Tutto vano, ed egli è morto, ancor giovane, utile al pubblico, necessario alla famiglia; morto, quando i figlioli avevano più bisogno che mai dell'opera vigile e affettuosa e delle cure più sollecite del loro genitore. — Con cuor sincero anche noi avevamo espresso nei passati giorni la nostra nota di dolore per il male che affliggeva l'on. De Michetti e con trepida ansia augurammo a lui il ritorno della sanità e alla sua famiglia la calma, dopo le tante lunghe ore di inenarrabile angoscia! Dell'on. Carlo De Michetti noi fummo, è vero, avversarii fieri; e discutemmo la Sua vita pubblica in ogni singola manifestazione di essa; ebbene oggi, dirimpetto alla lacrimata salma di lui, mentre la maestà della morte perturba tutti gli animi, noi, non senza un secreto sentimento di piacere, constatiamo che nella lotta, fatta per le cose, non portammo mai asprezze contro la persona. Ed è pur così difficile, quando la lotta è forte nei due campi, mantenersi nei limiti e saper distinguere là ove finisce la sindacabilità dall'uomo pubblico e incomincia il sacro rispetto per il privato cittadino! Altri giudichino pure, oggi, l'opera parlamentare dell'onorevole De Michetti: a noi, che fino a ieri quell'opera discutemmo, è dato di tacere!... Dobbiamo invece dir parole
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