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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
ingegnere, scrittore, Induno-Olona (8-9-1910) [Inizio Voce]non numerosa: esemplare. — Io vorrei che l'ammaestramento della sua vita fosse in qualche anima ignara in un seme, e il seme germoglio. Gaetano Crugnola ebbe una essenziale e profonda ragione di vita: il lavoro. E il lavoro gli era più che una regola morale fissa sui culmini dello spirito; era una necessità della sua natura alacre e gagliarda, con istintiva nobilità intellettuale e morale orientata sin dalla giovinezza fra i diversi allettamenti della vita. Amava il lavoro; vi si esaltava e rinnovava, vi rallegrava l'animo e vi esercitava le forze. La sua gioia d'ogni sera era il senso della buona lunga intensa giornata vissuta, e quella gioia si ridestava nel primo mattino davanti alla buona lunga intensa giornata da vivere. E non era di quegli uomini che, lavorando, si guardano intorno per vedere s'altri ammiri la loro attività, e si ostentano col modo degli atleti da circo — che gonfiando i muscoli delle braccia si ostentano forti e paiono, nelle parole e negli atti, come se a ogni ora si tergessero con vasti fazzoletti, dalla fronte dell'occipite, il copioso sudore ed esclamassero, non senza gemito: — Mirate, uomini, impresa erculea e tenacia magnanima e resistenza sovrumana.... — La grande attività («prodigiosa» , fu definita dal senatore Colombo, uomo non certo incline alle iperboli e che ben la conosceva e poteva valutare) gli era naturale; e si sarebbe meravigliato se alcuno se ne fosse meravigliato. Cessando il lavoro, era per lui un cessar di ritmo vitale, e però i suoi riposi, ancora, erano studii. Allora, nei riposi, lo scienziato si rivolgeva alla letteratura. Questo è degno ed è bello che sia ricordato. L'uomo che s'era per lunghe ore indugiato a calcolar la «spinta delle terre e delle masse liquide» e a meditare «sui muri di sostegno delle terre e sulle
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