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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
ingegnere, scrittore, Induno-Olona (8-9-1910) [Inizio Voce]che era stata tutta una tenerezza, profonda di radici e sobria di fronde. Questo e un altro episodio. Nell'ombra della stanza dov'egli si andava spegnendo, la moglie lo vegliava; e il silenzio addolciva quell'ombra dolorosa. Ella pensò che il malato si fosse addormentato e si accostò e piegò il suo volto sopra il volto di lui. Non dormiva: aveva gli occhi aperti e fissi, e gli occhi ebbero lo sguardo d'infinita dolcezza verso il volto emaciato della compagna. Poi le sussurrò: — Siamo vecchi, ma ti voglio bene, sempre; sempre come il primo giorno... — I capelli grigi e bianchi non erano, così vicini, come un'aureola in quel luogo color della morte? E quando egli agonizzava, ella lo chiamò forte per nome, con quel grido d'amore che vorrebbe violare il destino; ed egli aveva l'occhio già vitreo, ma la cara voce giunge sino alla sua anima, ne ritrovò l'ultimo fremito di vita, la prese la tenne un attimo, la trattenne sulla soglia della morte: gli occhi si volsero grevi dalla parte donde il grido lo aveva invocato, cercarono, non videro... Egli fu felice della famiglia. Il lavoratore instancabile ebbe intorno a sé la custodia di donne. La sorte parve voler essergli squisita di quotidiano conforto ponendogli attorno una famigliuola di donne: creature intelligenti e miti, pronte e dolci, compagne di lavoro anche, in una casa dove il lavoro era veramente una piana e semplice santificazione ed elevazione della vita, e dispensatrici ingenue, all'uomo candido, d'una candida grazia. Fu compensato così d'avere interpretata in atto la regola più alta dell'uomo: lavorare per la conquista dell'agiatezza e per la gioia del lavoro; avere dei figli. La sua morte è doluta a tutti coloro che lo conoscevano, gli avessero anche parlato una volta sola, poiché la purezza del suo cuore era
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