[Elenco dei Nomi]

(...segue) Polacchi Tino
insegnante, letterato, e Barberini Cesira, Castellamare Ad. (10-10-12)

[Inizio Voce]


Polacchi e Cesira Barberini, già uniti, non è ancora un anno, dall'amore, ha riempito di tristezza ogni animo. Non si riflette, senza terrore, a cieche forze della natura, divenute per guasti di applicazioni scientifiche, strumento di distruzione: sorgono le tenebre dove sorgere dovrebbe la luce; il silenzio e la disperazione nel luogo, che fu già di pace e di gioia. Al duro evento, gl'ignoranti tornano ad appagarsi dei mezzi comuni che adoperano alla vita; gli uomini di scarso sapere respingono, spauriti, i nuovi, e, se non temessero di apparire volgari, tornerebbero ai tempi primitivi, all'uso delle cose più semplici. E gli uni e gli altri, tutti rimpiangono le vittime inconsapevoli, non mai pensose dell'estrema ombra imminente; tanto più le rimpiangono, ché il prof. Polacchi e la sua consorte (la triste, la vera parola) erano sorrisi dai più dolci fantasmi della fiorente giovinezza e dell'amore; or qui, ora laggiù, nel nuovo soggiorno estivo di Castellamare Adriatico. Che tristezza negli animi di tutti i cittadini! Sembra che il crudo fato abbia in qualche modo percosso ciascun di noi; e le domande si alternano con le domande e gli sguardi interrogano gli sguardi, quasi che le notizie diffuse dai giornali e quelle che da tre dì si ripetono continuamente nella città, non bastino a darci il senso del reale. Qualcuno pare che dubiti ancora. C'è anche un dolore riflesso: vien dai giovanetti della Scuola tecnica, ammutoliti, qui e là raccolti, sperduti dall'orrendo caso; incerti del giorno dei rimanenti esami, incerti dell'ora dell'arrivo del diletto professore e della gentile compagna: cadaveri, ormai da quattro giorni: l'una, col petto squarciato dall'energia elettrica comunicata al letto dì ferro; l'altro, balzatone fuori tra il sonno, alla voce di lei, e, nell'oscurità,

(segue...)