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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
insegnante, letterato, e Barberini Cesira, Castellamare Ad. (10-10-12) [Inizio Voce]dovere, lo stimavano molto e accettavano, negli esami, il suo giudizio, tacendo, anche quando era contrario al loro desiderio. Faceva la voce grossa e incuteva loro timore durante l'anno scolastico; ma poi mutava un po' il suo atteggiamento di uomo rigido, senza rinunziar mai al concetto che s'era formato di ciascun di loro, e che aveva dell'importanza della sua materia. Oltre che di matematica, di cui pubblicò un corso di Esercizi, fu nel Seminario insegnante di francese, per vari anni, e la buona memoria non ne è dileguata. Né tralasciò gli altri studi, sembrandogli che chi provvede all'istruzione dei giovanetti non possa essere conoscitore di un sol libro e debba saper rispondere alle domande degli scolari, tanto più avidi di sapere, quanto più se ne appaga il desiderio. Certo una scuola tecnica non è palestra sì alta d'insegnamento da richiedere una cultura straordinaria; e appunto per questo il prof. Polacchi appariva lì dentro quasi a tutto idoneo e preparato, e per la prevalenza che in queste scuole hanno le discipline scientifiche, da lui non mai dimenticate. Non gli piacquero meno gli studi letterari; dei quali i suoi pochi saggi c'indicano chiaramente che indirizzi può prendere la cultura in paesi come il nostro, privo di biblioteche, e in cui, o mancano persone autorevoli, capaci di dare giudizi e consigli, o la fiducia verso di loro è scarsa. Il prof. Polacchi dettò, oltre una monografia intorno a Penne ch'ebbe forma di conferenza, un saggio sui «Martiri pennesi» del 1837: questo più interessante di quella, benché nemmeno desso sia un'indagine, una ricostruzione storica completa dell'opera dei «martiri nostri». Bello tuttavia il proposito di scriverne e pubblicare le pagine nel giubileo della Patria, e degno di nota che il Corriere della Sera e la Tribuna ne
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