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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
insegnante, letterato, e Barberini Cesira, Castellamare Ad. (10-10-12) [Inizio Voce]fecero cenno e lodarono l'autore. Al quale, come per tal lavoro giovò la pubblicazione fatta nel 1895 dall'avv. Aurelio Caponetti, del riassunto della sentenza pronunziata contro di essi; così per l'altro giovarono le importanti monografie del benemerito P. Costantino Baiocco, i cenni storici di Filippo di Giovanni e di Saverio De Leone: esempio di quella continuità di pensiero, che è elemento indispensabile della formazione della storia e che a chi vien dopo tocca liberare di tutte le «scorie» che vi si aggiunsero. Solo così il metodo di studioso è quello che dev'essere. Il dramma storico «Pultone», episodio della guerra sociale, messo in dubbio dalla critica più recente (e lo studio su Pinna del prof. Colasante è ottimo saggio) è un altro lavoro, in versi endecasillabi, offertoci dal prof. Polacchi. Quando lo pubblicava, egli forse non aveva della guerra le idee antitetiche che ebbe poi, sì da essere propagatore dei benefizi della pace; per la quale opera non gli mancarono il consenso e gli aiuti di Teodoro Moneta, l'apostolo della pace, sconfessato, al principio della guerra libica, dai «pacifisti» i più vivaci e più ortodossi. Capita rare volte di poter desiderare dai giovani più che non si chieda - ed ora, per sempre indarno! - da Giovambattista Polacchi o, come lo chiamano i suoi cari, Tito; e un giovane che fa tutto quello che può, con amore e con interesse sempre eguali, costanti, è degno di considerazione e di lode. Ond'è che la sua morte, atroce per la maniera, è dolorosa per sè stessa. Aveva trentatré anni: era utile ai suoi, non meno che al paese, e pel suo franco e aperto sentire cristiano, lodato. E la morte dei giovani, sia pure confortata dal pensiero dal poeta greco e dell'Ecclesiaste, addolora, commuove profondamente. Adesso appunto il prof. Polacchi cominciava
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