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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
storico, politico, Loreto Aprutino (10-10-1912) [Inizio Voce]e quella magnifica raccolta di monete antiche, di cui vi ha splendidamente parlalo il comm. Bindi, e che costituiscono due fulgidi gioielli artistici nella nostra regione abruzzese. Cavaliere senza macchia e senza paura, in questo tempo in cui spesse volte le pubbliche cariche servono per soddisfare smodate ambizioni e per curare privati interessi, quando i suoi concittadini con voti unanimi lo chiamarono ai pubblici uffici, nel disimpegno di essi portò una coscienza adamantina, una profonda e sapiente esperienza, uno zelo indefesso. Dotato di largo censo, comprese che la ricchezza ha una funzione sociale, e della ricchezza si servì non per corrompere le anime e le coscienze, ma per alleviare le miserie del popolo e procurarne il benessere morale e materiale. Sdegnoso di facili onori e delle facili lodi, che spesso il popolo incosciente prodiga ai favoriti della fortuna, nell'ora estrema della sua vita, confortata dal buon testimonio della sua coscienza, che gli diceva di aver sempre modellato le sue azioni a sentimento di bene, volle che la sua salma, benedetta dalle lagrime di tutti i buoni, fosse, senza pompa, accompagnata all'ultima dimora da quattro coloni delle sue colonie. Il desiderio costante, la viva aspirazione della sua vita fu di dare al suo paese nativo, mediante una nuova strada provinciale, una più comoda comunicazione con il capoluogo del Circondario e con la stazione ferroviaria di Montesilvano. Ma triste fatalità! Egli è morto senza che il suo sogno si sia realizzato, anzi il Consiglio Provinciale, nel giorno istesso in cui fa di lui questa solenne commemorazione, è chiamato a deliberare sulla costruzione della strada, per cui tanto aveva operato. Nel giorno doloroso della sua morte nel suo paese natio tacquero le voci iraconde dei partiti, e tutti,
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