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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
sacerdote, insegnante, Teramo (3-9-1915) [Inizio Voce]patria più grande e delle sue sorti magnifiche affidate ai suoi figli, ciascuno dei quali diventa un eroe nel difenderla al cospetto di tutto il mondo, già molti di loro li avrai in tua compagnia in sede felice. Li educasti, anzi li educammo insieme, mio buono Luigi, a questi supremi doveri d'ogni cittadino d'Italia. Già te ne darà lode anche Iddio che tanto ama la nostra terra, se l'ha fatta ricca d'ogni suo bene che la prepotenza ci vuol togliere, ma invano. Addio, addio amico, un'ala del nostro cuore vola con te, il tuo nome non cadrà dalla nostra memoria, ma rimarrà col bene che faceste come sacerdote, cittadino, scrittore ed educatore eccellente di molti figli della grande Italia. (9-9-1915) Parmi talora, che la giovinezza mi sia stata concessa come un triste dono: per piangere, per commemorare amici carissimi, che, nati prima, se ne vanno prima, dal mondo. Se ne vanno; ma sento che essi portano seco qualche cosa di me nella tomba. Mi lasciano sì, qualche cosa: il tesoro dei loro ricordi, dei loro affetti, che, spezzati dalla morte, si moltiplicano in mille guise al mio sguardo, nel mio cuore. Amici d'Abruzzo, d'una stessa terra, sono quelli che partecipano di più, con più frequenza e più sollecita cura alle vicende, liete e tristi, del nostro spirito; che misurano via via la nostra fede, la riaccendono, la ravvivano. Vicini, ci colmano di cortesie, ci allargano le loro braccia fraterne, ci fissano gli occhi negli occhi con gioia, ci fanno risuonare la loro voce calda, sincera nell'anima profonda. Poche parole, ma efficaci, direi tenaci come la loro virtù e il loro animo. Lontani, in una cartolina, in una lettera trasfondono sè stessi: sono scolte che fanno risentire come squilli la loro voce da lungi, talché paiono presenti. «È lui - diciamo: - non scrive che come
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