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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
sacerdote, insegnante, Teramo (3-9-1915) [Inizio Voce]parla, a scatti, a riprese; è la sua forma e il suo modo di esprimersi.» Luigi Fioravanti: pensiamolo un pò diversamente quest'uomo; non si può: tarchiato, tozzo, come un tronco di quercia della montagna natia; ma “per tutte guise mutabile” e pur fermo di propositi, nell'amore, negli affetti buoni, e nell'odio, solo del male, non già delle persone. Non aveva nemici, non poteva averne questo buon Sacerdote, di un tempo piuttosto antico che presente: com'è di certuni nati di buona stirpe, che sembrano rimanere in mezzo a noi, per dirci: «Ci siamo ancora.» È vero, ci sono oggi ancora i prodi, i forti, quelli che combattono, che danno il fior di loro giovinezza alla nostra Italia sacra ed immortale; ma uomini, come Luigi Fioravanti, sono “diversi”; partecipano del tempo che fu e di quello che è; e sono nostri, perchè hanno l'anima, la fede, le energie delle età passate e presenti, fuse insieme in una perennità incantevole di vita. Ingegni non elevati, ma cuori d'oro; lampi di fantasia scarsi, ma facoltà di riflessione raccoglitrice di idee; senso critico non straordinario, ma amore del bello, vivo, crescente ogni giorno più; e sopra tutte, mirabile e non mai smentita, la tara virtù del buon senso, accompagnata a gentile modestia, che ne fa apparire più bella ogni manifestazione. Ingegno e cuore benedetti, perchè spesi, tutta la vita, nella scuola. Trent'anni forse, Luigi Fioravanti ha atteso all'opera santa dell'insegnamento; sempre a Teramo, dalla prima alla terza classe del Ginnasio, in un avvicendarsi di programmi e di doveri scolastici, ma con amore sempre eguale, che è il vero, principale «programma pedagogico». Immagino la sua scuola, le schiere di fanciulli, di giovinetti pendenti dal suo labbro; lieti della lode, addolorati dal biasimo, perchè veniva da lui, cioè da
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