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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
sacerdote, insegnante, Teramo (3-9-1915) [Inizio Voce]aveva, almeno una volta, tra alcuni scaffali di libri, i ritratti di due morti, di un nipote e dello zio don Donato: belle pitture ad olio di Pasquale Celommi, il melanconico pittore della marina abruzzese. Rivedendo i quali, il compianto amico si confortava assai, specialmente innanzi alla figura, desiderosa non so di che, dello zio; e ne lodava l'artista, stretto a lui in parentela spirituale. Fino a pochi anni addietro, maneggiò con destrezza la penna, scrivendo di questioni letterarie e filosofiche. Uno scrittore gli era particolarmente caro: il Manzoni; e intorno a lui dettò vari articoli, con molta spigliatezza, facendo mostra di uno spirito di buona lega, che egli aveva imitato dal grande romanziere, e di cui sovente si giovava, così nel parlare, come nel comporre. Quante pagine e di quale interesse ha scritto su i Convitti e i Seminari, sull'Educazione nei Convitti, e come ci s'infiammava! La voleva larga e schietta, e, quando gli sembrava che non fosse tale, che ci fosse da dire qualche cosa, diceva chiaro e aperto il suo pensiero, perchè amava la scuola e la voleva preparazione alla vita, nutrita dai sentimenti della più sincera italianità, dal più nobile patriottismo, che è quello “materiato” di opere buone, come ne faceva lui ogni giorno. Le sue ultime pagine sono quelle dettate intorno a Michelangelo Forti; pagine di affettuosi ricordi, raccolti dalla viva voce di amici e conoscenti del sacerdote studioso e patriotta; e, come tutti gli scritti dell'autore, giudiziose, temperate nei concetti, chiare per la forma: pagine bibliografiche, delle quali, come di altre di vario genere, avrebbe potuto fare due, tre raccolte diverse. Non si può pensare, senza profonda tristezza, che quest'uomo non è più. È vero: la sua fibra, da alcuni anni era infiacchita; appariva
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