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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
sacerdote, insegnante, Teramo (3-9-1915) [Inizio Voce]manifesto che non avrebbe resistito lungamente al male che ne minava l'esistenza: la stessa pinguedine era un male. Ma scacciavasi questo pensiero, come un pensiero triste, a cui non sappiamo assuefarci. E quando lo rivedevamo a Teramo, che lo tenne come suo cittadino e pel cui bene tanto si adoperò in ogni più bella manifestazione di vita; nella sua casa ospitale, ove la sua voce suonava come un inno di gioia, sia pur rude, e la sua mano grassoccia e tonda si apriva per stringerci al cuore, come fratelli; ci sembrava che sarebbe lungamente durata la dolce consuetudine, che è stata uno de' maggiori conforti della nostra esistenza. Eppure, è venuta meno, per sempre: ma non cesserà la rimembranza. Luigi Fioravanti è di quegli uomini, il cui ricordo non si affievolisce col passare del tempo; la cui figura, col volgere degli anni, diventa un simbolo di bontà, di fraternità cordiale, di virtù civili e religiose. Lo ricorderanno i suoi colleghi, i numerosi scolari, le loro famiglie, con devozione d'animo infinita e profonda. E lo ricorderò sempre anch'io: e tornando a Teramo, dove il numero dalle persone care si assottiglia sempre più, pensando che egli è assente, mi porterò a Spiano, al suo cimitero, dove riposa accanto allo zio don Donato e vedrò la sua fossa, sparsa di fiori, offerti dalla pietà di nipoti e fratelli inconsolabili, e, quel che più conforta, dalla memore riconoscenza dei parrocchiani, degli abitanti tutti del villaggio. (Giovanni De Caesaris)
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