|
L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
magistrato, Roma (20-11-1921) [Inizio Voce]altro affetto più intenso: l'amore della sua diletta mamma che allora, trovavasi a Livorno, non lo avesse consigliato, per riavvicinarsi a Lei, di chiedere ed ottenere il trasferimento alla Corte di Appello di Lucca. E fu così che ebbe quivi nel 1902, per espressa designazione ministeriale, l'incarico di dirigere l'importantissimo Processo Musolino. — Il Processo Musolino — Una particolare menzione, sia pure in forma molto succinta, merita quel processo, poiché al felice esito di esso non poco, anzi per la maggior parte, contribuirono la figura austera, la mente eletta, la coscienza rigida ed adamantina di Giovanni Ferrante. Immani furono le difficoltà che Egli dovette superare, ma di fronte ad esse non vacillò un attimo né cedette terreno di un millimetro: invece fra le tante passioni e minaccie ed offerte che ebbe, Egli rimase, impavido e sereno, al suo posto di combattimento. Accettò la battaglia che non solo l'Italia, ma il Mondo intero aveva ingaggiato sul nome del famigerato Brigante e senza «piegare collo né tramar sua costa» lottò e vinse! Comparve dunque avanti a Lui il Terribile Bandito le cui avventure attraevano l'attenzione e volavano, ingigantite dalla paura e dalla morbosa simpatia, di bocca in bocca; e davanti a Lui, finalmente, si distrusse la stolta leggenda dell'«Omicida» di Aspromonte e la immeritata corona di lauro, onde la ignoranza, la rozzezza delle classi popolari, gli errori e la pusillanimità delle classi dirigenti, avevano circondato la sanguinosa figura del Bandito. Fu Giovanni Ferrante che, con mano maestra, additò al mondo intero chi veramente fosse Giuseppe Musolino!... E non si lasciò punto influenzare dalle due correnti di pensiero che si erano formate attorno al famigerato Brigante: l'uno che ne faceva l'apologia, l'altra che lo descriveva
|