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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
magistrato, Roma (20-11-1921) [Inizio Voce]come il peggiore delinquente che sovrastasse, quale «spada di Damocle», sulla testa della umanità. Ci piace, a questo punto, riportare il testo di due lettere che, meglio delle altre, riproducono quelle due correnti antitetiche. In una di esse, di fatti, si legge: “Sig. Presidente, Sigg. Giurati, Ogni regola, indispensabilmente, ha la sua eccezione, Voi lo sapete, e codesto processo a codesto Giovane Calabrese dovrebbe essere una eccezione e terminare con una soluzione, il più possibile, felice. Consideratelo bene, o Signori, Voi non avete davanti né un anarchico, né un mafioso, né un Regicida né un volgare delinquente; avete davanti a Voi un giovane troppo ardente, troppo impetuoso che non soffre l'oltraggio a lui fatto, e uccide..... ma per sola vendetta!... Considerate bene l'ambiente da cui è uscito, nel quale l'uccidere per vendetta è legittimo: la vendetta nel Calabrese è dovere sacrosanto. - Egli non è un degenerato, egli è solo uno spostato del secolo. - Nato 40 anni addietro egli sarebbe stato un prode condottiero, un (quasi) a Garibaldi, fiero, indomito, sincero, vendicatore dei torti a lui fatti e agli altri - se avesse avuto natali più fini e comodità d'istruirsi egli sarebbe un altro Gabriele D'Annunzio, poiché i suoi concetti, le sue immagini, le sue espressioni hanno una forte e gentile tinta di sublime poesia. Egli è veritiero (lo si sente) veramente veritiero, quanto sono turpemente menzogneri i suoi testimoni. In nome della Giustizia e della coscienza ponete ben mente e ricordate che vi stanno davanti dei testimoni falsi: taluni di essi mentiscono per panico, altri per dileggio alla Giustizia, altri infine per vedere «sulle furie Musolino». Tutti sentiamo che il Processo fu un'infamia, e che molto probabilmente Musolino aveva ragione di vendicarsi. Un
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