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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
magistrato, Roma (20-11-1921) [Inizio Voce]troppo a lungo, e sotto i più disparati punti di vista, ne avessero discorso (di Giuseppe Musolino) tutti i giornali, le effemeridi letterarie, le riviste; come troppo ricca e varia fosse la produzione popolare, più o meno fantasiosa e fallace, che lo concerne». E se a tutto questo si aggiungono le ignobili gazzarre dei giovani avvocati difensori del Musolino, che per amor di gloria, da ogni minimo incidente volevano trarre pretesto ad un rinvio del processo, s'intenderanno maggiormente le vere difficoltà che il «Presidente» dovette affrontare. Ma il Presidente Cav. Ferrante, magistrato di alto sentire e di severo carattere fu irremovibile, e quantunque uno degli avvocati difensori chiedesse che le udienze venissero sospese finché i periti non avessero visitato l'imputato per dire se il suo rifiuto di presentarsi in Assise (Nota: Il Musolino, montato dagli avvocati di difesa, non voleva presentarsi in dibattimento con gli abiti da recluso che indossava per la precedente condanna a 21 anni di reclusione riportata alle Assise di Reggio Calabria) dipendesse da infermità di mente, il Presidente ordinò la prosecuzione del dibattimento. E fu bene, perchè il rifiuto di Musolino si giudicò dai più e da noi stessi, come una bizzarria del Bandito, caldeggiata ed abilmente sfruttata, per creare degli ostacoli all'andamento del processo ed influenzare la pubblica opinione (Morselli-De Sanctis). Ed il Musolino dovette così non solo darsi per vinto ma volle, perfino, con una lettera chiedere scuse al «Presidente» confessando che il suo contegno era tutto un trucco suggeritogli dai suoi avvocati. Ecco ciò che il Brigante scriveva: — Lucca, 28 aprile 1902 Ill.mo Sig. Presidente. Prego la vostra Signoria Ill.ma di farmi venire oggi stesso nella Corte di Assise. Perché sarà inutile se non
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