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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
magistrato, Roma (20-11-1921) [Inizio Voce]squisito, un senso di diplomazia ammirevole specie se si consideri l'età ancor giovane del Magistrato. Ma sopratutto gli va data lode perchè ha messo il dito sopra una piaga che da più tempo ostacolava il libero corso della Giustizia: quella dell'assalto di avvocati numerosi ai processi celebri per battere la grancassa intorno ai loro nomi, per compiacersi poscia di creare correnti artificiali di sentimenti morbosi che arrecano grave danno all'Amministrazione della Giustizia. — La fine della carriera — Il processo Musolino a Giovanni Ferrante invece che ricchezze, allori e trionfi, fruttò la condanna a morte pronunziata dalla Mano Nera di Paterson, Egli però non ebbe paura e rimase, impavido e sereno, nel suo posto di combattimento, confortato dall'amore della povera mamma sua che Egli adorò, venerò del più santo affetto di figlio. Ma il 24 Gennaio 1903 doveva Egli provare il dolore più grave della sua vita: la morte della mamma! Volle perciò allontanarsi dalla Toscana e chiese ed ottenne il trasferimento alle «Assise di Roma» dove diresse anche importantissimi processi. Nel 1909 entrò in Cassazione, primo della magistratura giudicante: apparteneva alla II Sezione Penale che presiedette pure, ed era tenuto in altissima considerazione per le sue dottissime sentenze, pubblicate e chiosate nelle più importanti riviste penali. Le LL. EE. Lucchini ed Ostermann lo avevano in grande stima ed erano a Lui legati con schietta e sincera amicizia. Nel 1919, per i limiti di età, fu collocato a riposo con suo grave dolore, poiché con vero rimpianto se ne distaccò Egli che della Magistratura aveva fatto un Apostolato. Di una modestia impareggiabile, aveva perfino declinato il mandato politico che gli Elettori del Collegio di Giulianova, intendevano affidargli dopo la morte del compianto
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