Albo della gloria
Amato Fausto
19 maggio 1938
"Quando più grande è il pericolo tanto più bella è la vita" Parole scritte su di una cartolina trovata fra i documenti del legionario Amato Fausto di Teramo, Ardito del Battaglione Folgore, caduto il 20 agosto 1937 a Entrambasmestas. Semplici parole che rispecchiano tutta l'anima del Caduto, di colui che nel perricolo più grande viveva la sua vita migliore; che dava il suo sangue generoso in olocausto al proprio ideale. Faceva parte della 1. Compagnia del Battaglione d'assalto Folgore. Nei momenti di riposo adempiva al delicato incarico di furiere di posta, prestava la sua opera con ardore ed era ammirato dai superiori. Ricordo le calde giornate di luglio, quando il povero Fausto, carico del suo fardello prezioso, percorreva giornalmente otto chilometri per raggiungere la 1. e 2. Compagnia che erano dislocate a quattro chilometri dal Comando di Battaglione. Giungeva sempre puntuale, ansante e trafelato, coperto di sudore, a portarci il saluto della Patria, il bacio dei nostri cari. Ed era tutto soddisfatto quando poteva dirmi, «e poi dimmi che non ti dò mai niente» Povero Fausto! Lo ricordo oggi più che mai affettuoso e sorridente con tutti. Era l'idolo della nostra piccola colonia abruzzese. Vennero le giornate dell'agosto, il Battaglione era in procinto di partire in azione per la conquista di Santander. Il povero Fausto, benché di poca prestanza fisica, declinava il suo incarico di postino, e volle partecipare con i propri compagni. Dopo le vittoriose giornate di Soncillo, del Passo dell'Escudo, di Arija, dopo aver superate tutte le resistenze del nemico e le difficoltà del terreno, il giorno 19, tutto il Battaglione raggiungeva Entrambasmestas, dove passava la notte e l'indomani si accingeva a ripartire di buon ora. Ricordo come se fosse accaduto oggi, ho ancora nei miei occhi la visione della battaglia di quella fatidica giornata; i nostri reparti di avanguardia erano stati presi tra due fuochi, la prima Compagnia comandata dal valoroso Capitano Gabry, era di rincalzo, ma un ordine del Comando superiore, ordinava di raggiungere l'altura, sulla destra della «carrettera» dove un nido di mitragliatrici nemiche, incessantemente contrastava il passo ai nostri, schierati sui fianchi della strada. L'obiettivo fu presto raggiunto, ma molti fratelli caddero per non rialzarsi mai più, fra questi il povero Fausto che, come sempre, con i primi si era lanciato all'assalto della posizione nemica. L'indomani, io personalmente, dovetti assolvere il doloroso incarico di seppellire i nostri gloriosi Caduti; ritrovai il corpo di Fausto, adagiato su un terrapieno, aveva ancora gli occhi aperti, gli tolsi gli occhiali, esaminai i suoi documenti personali e fra questi trovai il breve scritto, che nell'imminenza precipitosa dell'avanzata, non aveva avuto campo d'inviare. Chissà a chi era destinato, forse a suo padre. Quelle brevi, nobili parole, sono sempre impresse nel mio cuore, e colui che nel pericolo più grande visse la sua vita migliore, ora riposa, sempre vivo, nel sacrario degli eroi, irradiato dai fulgori del sole di Roma imperiale. Caposq. Legionario Paolo Bonann
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