Albo della gloria

Marcellusi Angelo

27 giugno 1936

Albo

      "Siamo italiani e basta!"
     Un Soldato e una Madre d'Italia

      La settimana scorsa abbiamo data la notizia della morte in A. O. del camerata Angelo Marcellusi. A pochi giorni di distanza, ignara della triste sorte toccata al figlio diletto, vinta da indomabile malattia, è morta anche la mamma del giovane Caduto, la buona signora Maria, lasciando nello strazio il marito e le superstiti due figlie.
      Non scriviamo un necrologio. Vogliamo additare ai giovani i nobilissimi sentimenti di amor patrio e di fede fascista che animavano il giovane camerata Caduto. Vogliamo elevare nella luce più pura del sacrificio la figura della sua Mamma, esempio di fervente italianità dinanzi al quale ci dobbiamo inchinare col massimo rispetto e con la più profonda ammirazione, rattenendo l'intima commozione che può avere in noi suscitata la sorte toccata al Figlio ed alla Madre, ricongiunti per sempre nella gloria del Signore.
      Angelo Marcellusi, sergente maggiore volontario nel 20. Battaglione Complementi della Divisione «Assietta», destinato in un primo tempo a Derna, in Cirenaica, fremeva dal desiderio di raggiungere i compagni in A. O. e finalmente vedeva esauditi i suoi voti. Così ne scriveva ai suoi cari, il 10 gennaio:
      «Proprio in questo momento è venuto un ordine per la partenza in A. O. - Ancora si sa di preciso dove si va, ma certo che la partenza avverrà il 20 corrente. Eravamo stanchi di oziare a Derna. lo mi vergognavo di scrivere in Italia dicendo che ero fuori della zona di guerra. Ora però l'ora è venuta per farci onore anche noi. Se domani dovremo mettere il nastrino sul petto, lo porteremo a testa alta, fieri di avere adempiuto il nostro dovere.
      Tra noi ora esiste un grande entusiasmo. Voi dovete andare fieri di avere un vostro figlio combattente per la grandezza della nostra cara e grande Italia, per il nostro amato Re e per il nostro infaticabile Duce.
      Siate orgogliosi, e se sinora tutti gli amici han saputo che ero a Derna a dormire, dite pure che la Divisione Assietta va anch'essa ad aiutare i compagni delle altre Divisioni in A.O.
      ....In alto la fronte ed aperto il cuore. Tutto si dà alla Patria. Sappiamo combattere e sapremo anche vincere. Nessuno potrà arrestarci se prima non saremo ad Addis Abeba. La via è già stata tracciata dal Duce e noi la seguiremo .... Tutto è a posto. Ancora una volta ripeto di andare feri. Siamo italiani e basta!... In nome di Dio, per la grandezza della nostra Italia: Viva il Rei Viva il Duce!».

      A questa lettera, in cui vibrava la fede dell'italiano nuovo, educato alla scuola fascista, la Madre, non meno italiana e non meno fascista del Figlio, così rispondeva:
      «La tua lettera ha commosso non solo noi ma anche chi l'ha letta. Sei un vero italiano e noi ne siamo orgogliosi. Siamo contenti che anche tu vada ad aiutare gli altri, a dissipare e distruggere la barbarie dei neri. Certo, se il Duce ha tracciata la via, tocca a voi seguirla, siete giovani pieni di forza e di speranza, dovete combattere per la nostra redenzione, per il nostro bene e dovete vincere a dispetto dell'Inghilterra e delle massonerie. Dio lo vuole e il Duce lo comanda. Ubbidite.
      Hai proprio ragione di dire che ti vergognavi di essere fuori zona di guerra ad oziare; certo, siete figli del Duce e del Re, amate la pace, ma non temete la guerra. Va, figlio mio, combatti anche tu per la grandezza della nostra cara Italia, fatti onore, c'è Iddio clic ti protegge.
      Siamo fieri di te, ora potremo rispondere con più entusiasmo ed orgoglio a chi ci domanda dove ti trovi. Combatti senza stancarti, aiuta i tuoi fratelli, non esitare ad uccidere i barbari, e quando sarete ad Addis Abeba e pianterete il tricolore sulla torre, potrete chiamarvi veri italiani e veri figli del Duce».

      Forte dei suoi sentimenti e della sua fede e col conforto del viatico sgorgato dal cuore nobilissimo della sua degna Mamma, il Figlio, del pari degno di Lei, ha combattuto da valoroso, ha vinto, ha esultato della vittoria, ha gioito del trionfo. Le successive sue lettere dall'A.O. sono tutte esuberanti di entusiasmo, di coraggio, e di elevato, consapevole spirito di dedizione.
      La morte, in agguato dopo il combattimento, ha rapito quasi nello stesso istante Figlio e Madre.
      Liberati dai corpi mortali, gli spiriti eletti che in vita avevano suscitato sì nobili sentimenti, degni dell'Italia di Mussolini, ora aleggiano su di noi come fiaccole di vivida luce.
      Fiaccole, che non si spegneranno mai nel nostro ricordo e che renderanno sempre più forte il nostro amor di patria e sempre più salda la nostra fede in Colui che ha saputo vincere e ridare a Roma l'Impero, perché, sopratutto, l'amore e la fede ha saputo riaccendere nei cuori delle Madri e dei Figli d Italia. (a.)

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