Albo della gloria
Toppeta Tonino
8 dicembre 1941
Un eroe della G.I.L. Tonino Toppeta
In questo grande episodio di storia nazionale, in cui avvinti in un concorde ideale, sentiamo la marcia vittoriosa della Gioventù Mussoliniana, con le nuove glorie e le imprese nobili auspicanti un più fulgido avvenire, con fierezza e nobiltà vestina, ricordo il camerata Tonino Toppeta nel primo anniversario della sua morte gloriosa avvenuta a Padova il 12 novembre 1940 XIX dopo aver avuto la gioia suprema di sfilare coi Battaglioni della G. I. L. avanti al Duce di tutte le vittorie. E' un anno che il biondo vestino ci ha lasciato ed il suo ricordo è ancora incancellabile. Da un anno a questa parte il dolore si fa ancora materia e tale dolore ci percuote quando il giovane estinto ci passa innanzi nella visione di tutto ciò che è di buono, di bello e di elevato adorna e sublima sulla terra gli esseri predestinati a rifulgere ed innalzarsi. Ancora una volta egli viene additato alla gioventù quale esempio di grandezza e di modestia, perché essa apprendi come la nobiltà stessa di un dovere compiuto, sperda ogni sentimento di vanità e fecondi ancor più lo spirito di fratellanza e di pace. Tonino Toppeta era nato a Penne nella radiosa primavera del 1922 da famiglia onesta, laboriosa e pia che sin dai primi anni della sua fanciullezza gli seppe inculcare il sentimento del dovere e del sacrificio. Entrato alla Regia scuola d'Arte Mario dei Fiori, nello studio e nel lavoro si fa presto pellegrino di un ideale mantenendo sempre vivo il culto delle virtù estetiche della giovinezza per cui ben presto si manifestò in lui la meravigliosa preparazione del sentimento fascista. Era fedelissimo all'Organizzazione nelle cui file temprava il suo spirito a più ardue prove e per l'attaccamento per essa dimostrato si meritava la Croce al Merito. Nell'agosto del 1917 partecipava al Campo Dux a Roma. «Credere, obbedire e combattere, Libro e Moschetto e Vivere pericolosamente, non erano per esso frasi vane o convenzionali, ma alimento quotidiano dello spirito proteso unicamente al divenire sempre più grande dell'Italia nostra. E quando la parola del Condottiero arroventò gli animi di tutta la giovinezza italica ed il sogno delle giovani reclute divenne luminosa realtà, il Toppeta, che tanto attese il giorno desiato, spezzò le catene che lo tenevano avvinto all'inerzia e non tentennò all'appello del Capo e novello garibaldino partì. Partì volontario sentendo nel suo animo l'entusiasmo, l'inno, il giubilo del momento storico e fu tra i primi a distinguersi per l'opera indefessa di abnegazione di disciplina, opera che gli diede un tesoro di forza e lo sostenne in ogni ardua prova. Egli vide arrivata l'ora della gioia suprema del combattimento, gioia che sospende il battito del cuore e chiude con un groppo la gola che non si può esprimere e non si può descrivere. Egli 18enne, filiale, fascinatore di grandi e di piccoli, col suo volto sereno, coi suoi esempi di schiette virtù precoci, con la potenza della sua fede fascista, era fierissimo sotto la divisa di volontario. Da Pescara all'Aquila, da Campo Ligure a Padova, la giovinezza di Mussolini marciava per grandi e vaste mete. Ed a Padova, mentre i battaglioni, sentinelle avanzate vigilavano pronti a difendere i confini che Dio e natura diedero alla Patria, un crudel morbo troncò la cara preziosa, inobliabile esistenza del Toppeta. In quell'ospedale militare, fra le braccia della madre adorata, il bravo giovane, fiore ancora aperto sul suo stelo, esalò l'ultimo respiro. Tale respiro si diffuse come in un soave profumo inestinguibile nell'aria carica di eventi e gelosamente venne raccolto dalla gioventù in armi, essendo per essa il viatico che la condurrà alle supreme conquiste. Egli è morto sul fior degli anni, quando, quasi già vinti i numerosi e tenaci ostacoli della vita studentesca si accingeva a toccare glorioso la meta. Lasciò purissima la vita. Se Menandro ha cantato: Mor giovane colui che al cielo è caro; un illustre pensatore Emilio Castelar ha scritto che «il genio è fiamma la quale abbrucia innanzi tempo i predestinati». Dolorosamente fatalmente vero. Come tutti coloro nati per amare ed essere riamati, Toppeta Tonino fu condannato a soffrire ed a morire. Non fu una morte la sua, ma fu una apoteosi di gloria, una esaltazione delle grandi virtù latine. Egli decedendo rivolgeva il suo ultimo pensiero al Duce e alla Patria per i quali offriva la giovinezza fiorente troncata nel pieno rigoglio della vita. Il lauro perenne circonderà la fronte del giovinetto come in una carezza d amore, di riverenza, di gratitudine, di pietà, poiché egli seppe vivere nelle file degli eroi. Ai primi raggi del sole spunteranno a lui di intorno fulgori di luce come sulle candide nevi dove il suo sangue generoso brillerà segnacolo di fede, di forza e di eroismo. (Mario A. Di Tullio)
Ingrandimento
|