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      Voleva tenerla per consegnarla al suo colonnello. Dove mai era andato a cercarlo, dove aveva creduto di trovarlo? Andarono invece i carabinieri a cercar lui lassù. Ma egli si chiuse nel campanile della chiesa parrocchiale, e da quell'altezza udì intimazioni e minaccie senza volersi arrendere. Alla fine, per fame, offerse di consegnar la bandiera al vescovo d'Acqui. Era passata nella mente semplice di quel fiero uomo qualche ricordanza di fanciullezza a intenerirgli il cuore? Fu fatto così come egli volle; e la bandiera del reggimento Alessandria, già condannato alla dissoluzione e a perdere per obbrobrio il nome, passò da quelle di lui nelle mani del vescovo. Di casato quel forte era Cirio, ma perché parlava sempre del suo colonnello nelle guerre di Spagna, Olini, tutti lo chiamavano Lino, anche quando passato il Consiglio di Guerra e assolto, ma licenziato dall'esercito, s'era adattato a divenir guardaboschi del suo Comune, e a vivere come visse per ventisette anni con tre quarti di lira al giorno in un tugurio, nella foresta. E guai a chi avesse osato, lui presente, dir male del Principe di Carignano! Dolce è poi ricordare la festa che gli fu fatta da tutto il borgo nel quarantotto, quando gli fu ridato il suo grado ed ebbe la pensione da veterano della Casa Real d'Asti. Egli chiese invece d'esser mandato alla guerra. Non fu accettato. Troppo vecchio era; ma quanti che furono prodi in quell'anno a Goito e poi in Crimea e poi anche a San Martino, avranno dovuto all'esempio di quel vecchio l'ispirazione?


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Cronache a memoria
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 64

   





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