Un gran dolore mi pigliò; mi parve che la via, il ponte e tutto intorno, lontano, provasse un gran patimento, dietro quella carrozza che menava via il Re.
È proprio Carlo Alberto! - disse mio padre al capitano Lino.
Carlo Alberto! - rispose il vecchio come un'eco. - Certo è avvenuta qualche grande sventura.
Questa sera mio padre non ha cenato, e non ha cenato mia madre. Noi ragazzi abbiamo mangiucchiato. Quando la servente è venuta coi lumi, dando la buona sera, il babbo le ha detto: Portateli via. Così siamo rimasti al buio, sicché ognuno se n'è poi andato a letto, senza dar la buona notte agli altri, tutti malinconici come la sera dei morti".
Due ciuffi di case sulle due rive della Bormida, un ponte che li congiunge, colli che si profilano chiari sullo sfondo cupo dei monti, ai quali fa da nodo il Settepani, pioppetti lungo il fiume, castagneti a piagge nei colli, macchie d'abeti in quei monti lassù, e lì, fuori un passo dalla borgata, il convento Calasanziano, che le genti delle terre intorno chiamano senz'altro: Collegio di Carcare, dal nome della stessa borgata; dolce visione il tutto insieme, per chi vi fu e vi amò qualcuno o qualcosa.
Verso il 1846, in quel Collegio, c'era un gruppo di Padri di mezza età, alcuni dei quali, se fossero rimasti da giovani nel così detto secolo, si sarebbero incontrati con Mazzini o in qualche suo seguace che li avrebbe fatti della Giovane Italia: un'altra parte, i più, erano proprio nati per il convento, ed erano stati in quello e vi stavano tranquilli, insegnando chi il mezzano e anche l'alto sapere, chi perpetuamente a leggere e a scrivere, tutti senza cure d'altro, sereni, benveduti dalla gente del borgo, dove spiravano un'aria amorevole di: lascia andare, che produceva pace.
| |
Carlo Alberto Lino Alberto Portateli Bormida Settepani Calasanziano Collegio Carcare Collegio Padri Mazzini Giovane Italia
|