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      Se si riesce a superare anche questo, l'ala destra dei Francesi rimarrà scoperta, e giù nella Valle del Letimbro. La Madonna della Misericordia, dal suo Santuario n'abbia pietà; se no gli Austriaci faranno un macello, che il sangue scolerà sino al mare.
      Ma su Monte Legino v'era Rampon.
      Chi passa giù nelle fondure del Letimbro, alzi gli occhi e saluti il profilo di questo ridotto, riconoscibile ancora da lontano: e si immagini i mille dugento soldati della ventunesima e della centodiciassettesima mezza brigata, che con i loro avanzi formarono poi la trentaduesima, nelle guerre napoleoniche chiamata la brava. So d'una vecchia incisione in legno che rappresenta il fatto, visto appunto dal passo del Letimbro, dove ora è il gran ponte della strada ferrata. Un gruppo dei cavalieri freddolosi con i mantelli indosso stanno lì sulla via che mena all'altura, e guardano questa cima coronata di fumo. Nel fumo v'è un movimento, quasi un brulichio. È rozza l'incisione, ma deve essere stata fatta su uno schizzo dal vero. Ai piedi, a guisa di medaglia, v'è il ritratto di Rampon.
      All'aspetto pare che fosse un uomo austero. Aveva gli occhi grandissimi, il naso a filo, carnoso, il mento sporto, i capelli acconciati sulla fronte grande. Vestito dei panni d'allora, con quel soprabitone giacobino dalle mostreggiature larghe, dal bavero che dava su alla nuca, dalle falde che battevano sotto le polpe; con quella lucerna piumata in capo, qui ritto sul culmine, circondato da quel migliaio d'uomini, vestiti e piumati come lui, dev'essere stato d'una grandezza sovrumana, quando tuonarono il giuramento di voler morir tra quei sassi, piuttosto che darsi vinti.


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Cronache a memoria
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 64

   





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