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      Ma all'alba, attaccato dai Francesi a destra e a sinistra, il comandante Provera si dibattè in quella stretta, avendo la Bormida alle spalle ingrossata improvvisamente, e i monti a petto dinanzi. Rotto, non vide scampo che sopra quella vetta di Cosseria, e vi trasse quanti potè dei suoi. Fra quelle rovine si piantarono risoluti a starvi sino alla morte. Di lassù vedevano Dego difesa dagli austriaci, vedevano a destra Montezemolo dov'era Colli accampato, un triangolo di cui essi occupavano il vertice formidabile.
      Quel sergente, dopo sessant'anni, vedeva ancora il parlamentario francese salito a portare l'intimazione di Buonaparte, e narrando stringeva i pugni.
      Gli pareva di udir Provera rispondere modesto e sicuro, che non si sarebbe mosso, se non a patto d'esser lasciato andar libero a raggiungere l'esercito di Colli; e accertava che mentre Provera rispondeva, il cavaliere Del Carretto gli stava ai panni come per mettergli il proprio spirito in corpo.
      A Buonaparte sarebbe convenuto accordarlo quell'onore dell'armi; perché trattenuto alle falde di quella bicocca, rischiava di far mancare gli aiuti a Masséna, se ne avesse avuto bisogno a Dego, dove già era alle prese. Ma no. Lo lasciò detto un prete che giovanetto l'udì presente. Ricevuta la risposta di Provera, Buonaparte esclamò in italiano "Oh:... vuol imitare Rampon? Ebbene... cannonate!" Allora dal colle che sta di faccia al castello verso ponente, il cannone cominciò a tirare; ma i piemontesi non risposero perché senza artiglierie.


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Cronache a memoria
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 64

   





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