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      E senza artiglierie, senza pane, senza acqua; chiusi tra quelle mura diroccate col loro coraggio, tennero fermo sino alla sera.
      Il sole cominciava a calare quando Augereau, lasciato là da Buonaparte che era corso a Dego, comandò d'assaltare il castello. Bannel, Quesnel e Joubert marciarono alla presa, su per i tre contrafforti che si annodano a quella specie di cono su cui sorge il castello e gli dànno forma di tripode. Joubert veniva dal contrafforte a nord, e a mezza via fece sosta per dare un po' d'aria ai soldati. Bannel e Quesnel, dai due altri contrafforti, videro e sostarono anch'essi. I Piemontesi, credendo che mancasse ai nemici l'ardire d'andar più sù urlarono di gioia; e cominciarono a far tombolar giù grandi massi che rovinando per i fianchi quasi a picco del colle squarciarono, scompigliarono i Francesi, n'uccisero o ferirono più d'un migliaio in un quarto d'ora. Alla tragedia si mescolò lo scherno. In faccia ai più avanzati assalitori furono lanciate le interiora d'un bove sottratte alla fame di chi le avrebbe divorate lassù. Bannel e Quesnel morirono in quel punto.
      Ma Joubert che saliva per un pendio più agevole, potè arrivare sino alle mura. E già con sette de' suoi v'era sopra, quando una pietrata in faccia lo rovesciò per morto sul tiro. Allora fu una fuga giù giù sino alle più basse piaggie boscose. Su in alto esultavano i difensori nell'ultima gloria. Augereau invelenito fece asserragliare con botti, con carri, con tronchi d'alberi tutti i passi al castello; a mezzo tiro di schioppo piantò i cannoni.


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Cronache a memoria
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 64

   





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