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      Allora cominciarono i commiati. Ed io che non aveva lì nessuno, mi sentii negli occhi le lagrime. Avviandomi per discendere, mi abbattei in Dapino, mio condiscepolo di sei anni or sono. Aveva la carabina sulla spalla. Fui lì per abbracciarlo; ma gli vidi a fianco suo padre e un suo fratello, e mi cadde l'animo. Temei d'assistere ad una scena dolorosa, perché mi pareva che quel padre, che io so tanto amoroso, fosse venuto per trattenere il figliuolo; e due passi più sotto v'erano le barche, e una turba silenziosa come di ombre sfilava giù in quel fondo. Invece ecco il padre e il fratello abbracciare l'amico mio, e... mi si fa un nodo alla gola.
      Qui accanto dicono d'un altro che non conosco. Sono Veneti, giovani belli e di maniere signorili.
      — Sapete che la madre di Luzzatto venne a cercarlo?
      — Da Udine?
      — O da Milano, non so. Corse di qua, di là, da Genova alla Foce, dalla Foce a Quarto, chiedendo, pregando e tanto fece che lo trovò.
      — E lui?
      — E lui la supplicò di non dirgli di tornare indietro; perché sarebbe partito lo stesso, col rimorso d'averla disobbedita.
      — E la mamma?
      — Se n'andò sola.
     
     * * *

      Non si vede più terra.
      La barca sulla quale ieri sera mi toccò montare, dondolava stracarica. I barcaiuoli per farci stare che non si capovolgesse, ci pregavano di guardare, verso Genova, certe luci verdi e rosse che splendevano nella notte. Come fossimo bambini! Verso le undici da una barca già in alto, udimmo una voce limpida e bella chiamare: «La Masa!


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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