L'annunzio fu un lutto. Ma era una falsa voce, o forse un gioco che ci viene dal nemico.
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Quel frate che ci segue sin da Salemi, vuole spandere un'aura di religiosità sopra di noi. Lo vidi poco fa partirsi per tornare a Calatafimi. — «Colonnello Catini, disse passando al mio Comandante, domani dirò messa sovra un avello tricolorato! Dopo tornerò con voi».
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Alcuni che rimasero addietro, per ferite leggere toccate a Calatafimi, ci raggiunsero qui. Narrano le sofferenze dei nostri compagni ricoverati a Vita. Non si sa come, le piaghe ingangreniscono; i medici si struggono intorno ai sofferenti, ma la morte li toglie loro di mano. Francesco Montanari da Mirandola, quell'amico del Generale che celiava con lui a Talamone, è morto dei primi.
E se è vero, capisco le parole che disse il frate partendo per Calatafimi, fa un'ora. Mi fu detto che i nostri morti giacciono ancora insepolti sui colli del Pianto Romano!
18 maggio. Tra Partinico e Burgeto.
Era meglio rompersi il petto, ma varcare la montagna, scansare Partinico.
Si saliva l'erta su cui sorge il villaggio, e il po' di vento che rinfrescava l'aria ci portava già a ondate un fetore insopportabile. Appena in cima, ci affacciammo alla vista della città, arsa gran parte e fumante ancora dalle rovine. La colonna da noi battuta a Calatafimi s'azzuffò cogli insorti di Partinico, gente eroica davvero. Incendiato il villaggio, i borbonici fecero strage di donne e di inermi di ogni età. Cadaveri di soldati e di paesani, cavalli e cani morti e squarciati fra quelli.
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