Un'alba così bella, che uno, avrebbe voluto disfarsi per andar confuso in quei colori di cielo e in quelle fragranze.
Alla nostra sinistra, avanti, verso Monreale, sui colli di San Martino, si udiva una moschetteria fitta, crescere, avvicinarsi; poi vedemmo il fumo, e i nostri combattere indietreggiando pei greppi. I borbonici usciti da Monreale gli avevano assaliti, e tentavano di girare la nostra sinistra, spingerci per i monti al Passo di Renna.
Riuscendo ci avrebbero schiacciati.
— Che oggi si debba avere la peggio? — dicevamo noi.
Passarono alcune Guide di galoppo, tornando di verso Monreale. — Che c'è di brutto? — Nulla. -
Passò il Generale collo Stato Maggiore di mezzo trotto; e la moschetteria lassù continuava. Quelli che si ritiravano pel monte, lenti, ostinati, erano i Carabinieri genovesi. Ma più in là, anche oltre il colle, dove essi facevano quella bella resistenza, si combatteva. Chi era là? Qualche nostra compagnia staccata? O qualche squadra d'insorti? Non si sapeva nulla.
Intanto il sole era già alto e cocente, e noi un po' avanti, un po' indietro, sostando, movendo, collo spettacolo negli occhi di una fila di muli tardi che portavano le barelle per i feriti, durammo un'ora in quel passo, finché tornammo qui allo sbocco del Passo di Renna, senza aver avuto molestia. Schioppettate non se ne sentono più. Due dei nostri cannoni, piantati là sul ciglio, guardano Pioppo e il campo che i regi hanno messo laggiù negli orti, numerosi e ordinati.
Di qui veggo Palermo e la mole immensa, verde, su Monte Pellegrino.
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