Pagina (55/167)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Quelle linee bianche, sfumate su per quei dossi, devono essere muriccioli di riparo a qualche via che mena sul culmine. Vi è una pace in tutto quel che appare laggiù, un silenzio così profondo in tutta quella vita, che si indovina a guardare. Eppure siamo aspettati.
     
     * * *

      Eccolo tornato il frate che partiva da Alcamo, per andare a dir messa sul campo di Calatafimi. Cavalca una vecchia giumenta, sicuro in sella, come uno che sotto la tonaca, vestisse da soldato: è lieto, è giovane, si chiama fra Pantaleo da Castelvetrano. Anche un frate non è di troppo tra noi; dà risalto al nostro piccolo campo. Salvator Rosa avrebbe pagati un occhio que' sette, che combatterono a Calatafimi. Forse, buttata la tonaca, sono ancor qui.
     
     * * *

      Dianzi, mentre me ne andava giù, cantando un'arietta da cacciatori, a portare un ordine del mio capitano, incontrai un picciotto armato, che mi fermò gridando: — Qui si canta e lassù si muore! — E mi narrò, che nel combattimento di poche ore prima, era morto Rosolino Pilo lassù; e mi additava i colli sopra Monreale. Morto d'una palla nel capo, mentre scriveva due righe per Garibaldi. Quel povero picciotto piangeva, narrandomi il fatto; e come capi alla parlata che io non sono siciliano, mi chiese mille perdoni per avermi fermato. Mi pregò di alcune cartucce, ma io, delle undici che mi rimangono non ne volli donare, e lo lasciai la incerto e mortificato.
      21 maggio. Parco.
      Mentre i miei panni stanno asciugando al fuoco, scrivo colla testa intronata dalla gran fatica di questa notte.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





Alcamo Calatafimi Pantaleo Castelvetrano Rosa Calatafimi Rosolino Pilo Monreale Garibaldi