Li cacciň a marcie forzate sin qui, promettendo sacco e fuoco, non badando a chi cadeva sfinito per via. «Oh! dicono, se non si arrivava troppo tardi!». E fanno certe faccie che sembrano gatti, quando si leccano le labbra dinanzi a una ghiottoneria. Gente torva questi mercenari! Li chiamano Bavaresi; ma sono Svizzeri, Tedeschi e perfino Italiani. Promettono di battersi contro i loro commilitoni, con millanteria disgustosa.
3 giugno, mattina.
Immensa gioia! Non si pensa piů alle case cadute, alle centinaia di cittadini sepolti sotto. I regi se ne andranno, la capitolazione č come fatta. Incrociamo le braccia sul petto e diamoci uno sguardo attorno. Ma si č potuto far tanto? Mi par di sentire qualche cosa nell'aria, come il canto trionfale del passaggio del Mar Rosso.
6 giugno.
Questi marinai della squadra inglese, ci fanno cera piů che i nostri del Govčrnolo e della Maria Adelaide. Verso sera quando andiamo barcheggiando, i Francesi, gli Austriaci, gli Spagnuoli, i Russi, persino i Turchi ci sono! tutti ci guardano curiosi, ma zitti. Invece gli Inglesi ci chiamano, ci tirano su a occhiate sulle loro navi, e noi si sale, accolti come ammiragli. Non hanno bottiglia che non vuotino con noi; non han gingillo che non ci offrano; non c'č angolo della loro nave che non ci facciano vedere. Stiamo con essi dell'ore; belli o brutti ci vogliono ritrarre a matita; e non ci lasciano venir via senza essersi fatto dare il nome da ognun di noi, scritto di nostra mano. M'č nato un sospetto. La Sicilia č bella, č ricca, e un mondo.
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