Da Rocca Palomba ad Alia una marcia breve, attraverso una ricchezza che va dal piano sino in cima ai colli, dorati ancora da messi che si curvavano, quasi a riverire la nostra rosseggiante colonna.
30 giugno, 4 ore antim.
Si parte. Ah! questa volta la marcia sarà lunga, e pare che il cielo si vorrà fare di fuoco. I soldati vanno e vengono per le vie sudicie, cittadini se ne veggono pochi, scamiciati, indifferenti, alle finestre. Passano due preti salutando; se ne andranno in chiesa. Ecco la tromba. Chi l'avrà trovata questa bella diana dei bersaglieri piemontesi? Certo un musico d'animo allegro e ardito: c'è un pensiero così sano! Forse è del colonnello Lamarmora. Scuote di dosso il sonno e la pigrizia, fa correre pei nervi un gran bisogno di fare. La intesero gli Austriaci tante volte, la intesero i Russi in Crimea, noi l'abbiamo portata qui nell'isola vecchia di Vittorio Amedeo, dove già i monelli la cantano come cosa loro.
Valle lunga, 30 giugno pom.
Ci hanno raggiunti parecchi amici da Palermo, e dicono che vi arriva gente da' porti di Liguria e di Toscana ogni giorno. Vi furono quasi dei guai per certa fretta messa ai Palermitani di darsi al Piemonte; ma il Dittatore tiene a segno tutti.
Scrivo in una cameretta dove mi par d'essere un grillo in gabbia. Ma se mi affaccio, veggo tutta la via grande, e una allegria di soldati rossi, e gli ufficiali che fumano e bevono seduti innanzi al casino di compagnia. Come si fa presto a pigliar l'aria di questi signori, che forse stanno lì tutto l'anno a tirar giù dal cielo il tempo e la noia, a ridere e a giuocare!
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