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      Tra le due file una ventina di passi, terreno neutrale. Le sentinelle si guardano, appiccano discorso, tirano innanzi un pezzo, poi o si fanno il broncio, o qualcuna dalla parte borbonica piglia la corsa e si rifugia di qua, gridando viva l'Italia, gettando berretto, budrieri, ogni cosa; mentre una turba di fruttaiole e di pescivendoli si fanno addosso al disertore per divorarselo a baci. Ma alle volte i nostri tentano gli altri invano, e scappa detta qualche impertinenza. Allora uno, due, tre borbonici lasciano andare la schioppettata, i nostri rispondono; ed ecco un allarme generale, un suon di tamburi e di trombe da noi e nella cittadella. Sui bastioni spuntano le teste dei cannonieri, le miccie fumano. Ma corre un ufficiale di Stato Maggiore, nostro, uno borbonico esce dalla cittadella; si incontrano, si parlano, si stringono la mano, poi danno di volta e tutto è finito. Commediole che fanno ridere, ma che a qualcuno costano care. Stamane la cittadella tirò persino una cannonata. La palla enorme sforò netto un casotto da doganieri, e andò rotolando lontano lungo il molo. I nostri corsero furiosi da tutte le parti, e vidi un mutilato giovane saltellare colla sua gamba di legno per tener piede ai più pronti. Agitava uno schioppo colla baionetta inastata, e gridava che era tempo di dar l'assalto.
      Messina. Tornando da Torre del Faro. 28 luglio.
      Sino a Torre del Faro è una deliziosa passeggiata. Per un tratto villaggi puliti anche assai; dopo, una landa sabbiosa via via fin dove balza la Torre bianca su da un mucchio di casupole grame.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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