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      Sopra Valle. 2 ottobre. Mattino.
      «Ma finita la battaglia, allora avresti veduto quanta audacia e quanta forza d'animo...». A chi faremo l'onore delle parole di Sallustio? Ci sono dei Bavaresi saliti a morire fin sulla vetta di Monte Caro, in mezzo ai nostri; vi sono dei garibaldini che rovinarono, inseguendo a farsi ammazzare, fin quasi laggiù alle case di Valle. Questi morti bavaresi che giacciono nelle loro divise grigie, sono ancora pieni di ferocia nelle faccie mute. Omaccioni quadrati, non più giovanissimi, alcuni con delle grinze. Le loro fiaschette, chi le tocca, sono ancora mezze d'acquavite. Dovevano aver mangiato e bevuto bene, poche ore prima di venir alla battaglia, contro i nostri quasi digiuni. Lassù, proprio sul cocuzzolo di Monte Caro, un d'essi trovò un piccolo recinto, fatto d'un muricciuolo a secco, forse per gioco, da pastorelli. Egli vi si mise dentro e non ci fu più verso a scacciarlo, neppur quando, fuggiti i suoi, rimase solo. Lo dovettero finire come una belva in rabbia, perché di là dentro avventava baionettate tremende. Nel suo libretto si trovò che egli si chiamava Stolz, di non so qual paesello della Baviera. Chi sa? Egli si sarà creduto di salvare, su quel cocuzzolo eccelso, il trono della bella Sofia, figlia dei suoi Re, venuta dal suo paese a regnar qui nella dolce terra d'Italia. Tranquillo com'uno che ha compito tutti i suoi doveri, ora giace sulla parte del cuore e par che dorma, o guati di sottecchi e ascolti. A vederlo c'è una processione. Ebbene, è ancora una gran fortuna finir così, piuttosto che di vecchiaia in un letto, forse sulla paglia, dopo aver fatto patir chi sa quanti!


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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