- rispose grave Mattia.
«Eccone qua! - soggiunse l'altro affrettandosi a picchiar di nuovo sulla saccoccia.
«E quanto avete? - chiese il sagrestano, cui cresceva in bocca la saliva e la lingua.
«Dieci doppie!
«Possono bastare:» - degnò di dire lo scaltro - ci proveremo...: un momento e sono con voi....»
E messa la testa nella capanna, udito che il pievano dormiva della migliore, tolse l'aspersorio, e il breviario, se li cacciò sotto il giubbone, poi data un'occhiata alla giumenta se fosse legata per bene, arzillo e gaio, disse al villano: «andiamo.»
Si misero in cammino che era l'ora di mezzanotte, cauti, e cansando le sentinelle che vegliavano ai varchi, all'usanza dei soldati. Mattia aveva gran pratica dei luoghi, essendovi passato assai volte da giovinotto, per servizio di quel tal marchese; il quale soleva spacciarlo ai suoi nobili amici della riviera e massime d'Albenga, con presenti di selvaggina o di primizie dei suoi poderi. Di che non durò fatica a uscir dal campo inosservato, col suo compagno; e discesa la costa meridionale del Settepani, andando ruzzoloni parecchie volte, giunsero alle ruine d'una torre che guerniva una gola ai tempi degli Spagnuoli, e si chiamava la torre di Melogno.
«Segnatevi -~ disse basso Mattia - qui v'ha sempre qualche spirito...»
Il villano si serrò a lui segnandosi tre volte; ed egli strizzando l'occhio, come a qualcuno che fosse d'accordo con lui nelle tenebre, disse tra sè: «l'uomo è nostro!»
Di là a pochi passi furono alle falde di Montecalvo; la vetta del quale essendo deserta, Mattia l'aveva scelta per compiervi il maleficio.
| |
Mattia Albenga Settepani Spagnuoli Melogno Mattia Montecalvo Mattia Mattia
|