Quell'uomo era il barone, stato quasi due ore a giacere sull'erba, oprando poco da savio, uscito come era di malattia. Se n'avvide ai primi passi che volle fare, perchè le gambe non lo volevano reggere, e gli pareva che il cervello andasse per aria. Allora s'appoggiò ad un albero e attese il frate, che disviando un tantino, veniva diritto verso di lui.
«Figliuolo, - disse questi arrivando e facendo vedere l'incannuciata; - ecco tutto quello che ci rimane di quel che sapeva fare San Francesco: egli risanava gli infermi con un soffio, io ho potuto appena formare quest'arnese che l'aiuti a reggere il braccio un po' più agiato che codesta fascia....» E presogli il braccio, glie lo acconciava, su quello strumento con molto amore.
«A me importa nulla guarire!» - disse il barone con voce profonda.
Allora il padre Anacleto guardandolo in viso, sfatto come fosse tutt'altro che in via d'uscir guarito, diede un passo addietro e proruppe: «O che la fa bestemmiare in codesta guisa? E che vuol dire la faccia così smorta?»
«Ho fatto una mala azione, padre; e meriterei che mi si spogliasse della divisa, e mi si mandasse ai Francesi, che mi uccidessero!.... In casa al signor Fedele io non c'entro più, perchè uscii di camera, trovai Bianca..., le parlai..., e suo padre non c'era....
«Oh ragazzo! - interruppe il frate; - uomini che con una spada in mano affrontano la morte, tremano in casa d'amici, per una parola, per uno sguardo! O Bianca non è sua fidanzata? E quando non ci si trova niun male noi, voi ve lo trovate?
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