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      Egli era preso in fra due: da una parte lo splendore dei doppieri, la magnificenza delle arazzerie e delle supellettili, in cui era sfoggiato lo stile di non so quale Luigi; dall'altra le parole della gentildonna, che lo assaliva con una procella di domande, e di rimproveri, sul non essersi egli fatto vivo, da quella prima volta di due anni innanzi; sicchè essa aveva creduto ch'egli stancatosi di stare a Torino, e tornato a D...., non fosse più rivenuto. Giuliano a trovar scuse, a darle contezza di sè, de' propri studi, di D..., di tutto quello che la marchesa menzionava; e intanto(9) i discorsi dei crocchi si facevano più caldi, più confusi, più alti, sul fatto seguito quel giorno nella fortezza, e sulla morte meritata dal cavaliere di Sant'Amore, e da Mesmer; i quali comandando l'uno la fortezza di Saorgio nell'Alpi marittime, l'altro quella di Mirabocco dalla banda di Savoia, le avevano date in mano ai Francesi. Moschettati per traditori, tutta Torino aveva parlato di loro; ma adesso in casa alla marchesa se ne parlava ancora, come tra persone che nelle faccende dello Stato avevano molto a ridire.
      Giuliano teneva un orecchio alla gentildonna, l'altro a quei discorsi: e ad ogni poco il cuore gli si accapricciava. La disputa era venuta innanzi così calda che già si cominciava a chiedere d'un arbitro, che sentenziasse fra le due parti; delle quali chi s'accontentava della morte data col piombo ai due sciagurati, pur che fossero stati moschettati nelle schiere; chi avrebbe voluto che gli avessero appiccati alle forche, a guisa di coloro che assassinavano alle strade.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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