Pagina (352/480)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      L'Apennino, salito al passo lento della cavalcatura, era sembrato interminabile al giovane, che per tutta la via non aveva aperto bocca a parlare colla sua scorta. Ma giunti in cima al giogo, il mulattiere vedendo il viaggiatore nulla maravigliato della bella vista che si parava dinanzi, quasi per consigliarlo che alzasse il capo a vedere, sclamò: - il mare!
      Quando io ripenso a quel mattino d'autunno, in cui giovinetto vidi la prima volta il mare, di su quel colle; sempre si rinnova in me ciò che allora provai nell'anima e nella persona, che non seppi mai dire. E però non mi rischierei per nulla ad esprimere quello che provò Giuliano; il quale essendo di tempera da sapersi prostrare collo spirito, alle grandi bellezze della natura; accolta nel petto largamente l'aria di quell'altezza, rimase a contemplare a lungo e muto; poi prese la china come voglioso di correre a tuffarsi, a smarrirsi, in quella lontananza sterminata.
      A' nostri giorni la strada agevole e bella, menzionata sin dal principio di questo racconto, scende da quella vetta, passando a piè della torre di Cadibona; la quale mi ritorna nella mente colla croce rossa di Genova dipinta sulla sua faccia, appunto come quella che io vidi sul muro di non so qual edificio antico, che dà sul porto di Bastia in Corsica; e che mi parve lasciata là, come promessa di tornare, fatta dagli Italiani di Genova, nel vendere quella gemma dei nostri mari. Passando vicino a quella torre, Giuliano levò gli occhi in su, a mirarne l'altezza; e ad una delle finestre vide una donna soave, bionda, mestissima, che gli sembrò una sorella, affacciata lassù per dargli la buona andata.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





Apennino Giuliano Cadibona Genova Bastia Corsica Italiani Genova Giuliano