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«Non temete, Mattia; mio figlio non saprà che voi m'avete detto più ch'egli non volesse. Marta, cercate nel cantarano... datemi quell'involtino che sapete...»
E Marta avendo obbedito, la signora cavò una moneta d'oro e porgendola a Mattia gli disse:
«Non per pagarvi, ma perchè vi ricordiate di me...
«Grazie - rispose Mattia pigliando la moneta: - e se posso servirla mi comandi...
«Eh!... forse presto - rispose la signora sorridendo mestamente; e tolti gli occhi da lui che usciva accompagnato da Tecla, nascose il viso nelle mani e disse a Marta: «io non so che stanchezza mi venga indosso: fate un po' più scuro, mi par di morire...»
Marta corse alla finestra, guardò nel cielo splendido laggiù all'occidente che pareva tutto una gloria; e tentennando leggermente il capo, alzò il pensiero dolendosi a Dio con un confuso timore. Poi accostati gli scurini, tornò a sedere; e rimase zitta accanto alla padrona, pensando a quest'altro mal passo di Giuliano.
Tecla intanto, accompagnato Mattia fino all'atrio, gli poneva anch'essa in mano alcune monete, avute già in dono dalla signora; e fissandolo con occhio che sarebbe stato impossibile mentirle, chiese al vecchione:
«Dunque è proprio vero che egli verrà?
«Verissimo. Ma poveretto, a vederlo come è accorato c'è da compatirlo. Oh! ora che mi ricordo, mi ha detto di raccomandarvi tanto a sua madre...
«Addio, Mattia,» - disse la giovinetta arrossendo; e piantandolo confusa e piena di fantasie, tornò su dalla padrona. In punta di piedi s'accostò a Marta; questa le accennò di sedere e di tacere, ed entrambe stettero mute, che si sarebbe inteso un moscerino a volare.
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