Sommario
Giorni Pericolosi
L'agitazione per la Sicilia.
Garibaldi e Cavour.
Genova nel gran giorno
Il 5 maggio 1860.
La Partenza
L'Ordine del giorno
A Talamone
I Mille
La formazione del piccolo esercito
I Carabinieri genovesi
Le Guide
L'Intendenza
Il corpo sanitario
L'Artiglieria e il Genio
La diversione
A Santo Stefano
Le armi
Di nuovo in mare
La Sicilia!
Lo sbarco
Il proclama
In marcia
A Salemi
Il nemico
La bandiera
Il combattimento
Dopo la vittoria
La marcia ad Alcamo
A Partinico
Al Passo di Renda
Marcia notturna
Un frate strano
I borbonici all'offensiva
Gibilrossa
La calata a Palermo
Giorni Pericolosi
Nei dieci mesi che volsero dalla pace di Villafranca alla spedizione dei Mille, l'Italia di mezzo diede prove di virtų civili meravigliose, ma col Piemonte corse dei pericoli gravi forse quanto quelli che il Piemonte stesso aveva corsi, prima della guerra del 1859. I duchi, gli arciduchi, i legati pontifici fuggiti dalle loro sedi, fin da prima di quella guerra, non avevano pių osato tornarvi; e allora Parma, Modena, Bologna con la Romagna fino alla Cattolica, si strinsero in un solo Stato, che nel bel ricordo della gran via romana da Piacenza a Rimini, chiamarono l'Emilia. Spento cosė d'un tratto ogni vecchio sentimento di gelosia, conferirono la Dittatura al Farini, romagnolo venuto su, da giovane, nelle cospirazioni, e poi maturo ed esule fattosi alla vita dell'uomo di stato vicino al Cavour, in Piemonte. Si crearono un esercito proprio, con gioventų propria e d'ogni parte d'Italia; e il loro governo procedeva d'accordo con quello di Toscana, libera anche essa, e col suo grande statista Bettino Ricasoli risoluta d'unirsi al regno di Vittorio Emanuele.
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