Tuttavia Cavour non si era stancato. Al principio del 1860, appena tornato al governo, quando temeva ancora l'intervento dell'Austria nell'Italia centrale, aveva ritentato di condurre il re di Napoli ad allearsi col nuovo regno di Vittorio Emanuele. Ma Francesco II e il suo governo si erano messi invece a cospirargli contro, istigati dal Nunzio Pontificio, dalla Spagna, dalla regina Sofia di Baviera stessa sposa del Re, fantasticanti tutti insieme una lega cattolica. E assoldavano austriaci per Napoli e pel Papa, concentravano soldati negli Abruzzi, miravano a suscitar tumulti nella Romagna.
Allora Cavour cambiò tono, e fece avvertire badassero bene a non far mettere piede di soldato borbonico nel pontificio. Essi, cocciuti, non ascoltavano consigli neppur dall'Inghilterra. La quale alla fine diceva loro tirannia, ingiustizia, oppressione essere le caratteristiche del governo dell'Italia meridionale; quelle dell'Italia settentrionale, libertà e giustizia; e che in tutti i paesi del mondo, la gente anche la più volgare capiva la differenza esistente tra un governo giusto e umano e un governo ingiusto e spietato. Ostinato ognor più, non ascoltavano nemmeno la Russia loro amicissima, che per bocca del suo primo Ministro diceva a Napoli che la polizia del Regno, spiaceva fino al capo della polizia russa; e questi era allora Kakoskine, uomo addirittura feroce. Anche la Francia consigliava invano minori asprezze.
Pareva tempo da non usar più nessun riguardo, ma forse il giovane Re ispirava ancora a Vittorio Emanuele una certa pietà: Era figlio di Maria Cristina di Savoia, sposata nel 1832 al grossolano e cattivo Ferdinando II, trattata male nella reggia e morta consunta nel 1836. Essa aveva avuto quell'unico figlio.
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